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The stream of the Arkage

L’agenzia del futuro? Non è quello che vi aspettate

Picture of Pasquale Borriello

di Pasquale Borriello

4 dicembre 2017

native advertising B Corp Future

Il futuro sarà probabilmente senza agenzie. Non parlo solo di agenzie di comunicazione, ma in generale del modello ‘ad agenzia’. L’intermediazione tipica di questo modello è già insidiata pesantemente dalle piattaforme tecnologiche e in futuro sarà superata grazie a nuove forme senza intermediazione alcuna. E le agenzie di comunicazione? Secondo Forrester Research scompariranno entro i prossimi 5 anni. È già tempo di prepararsi al futuro.

 

Come Artattack prima e Arkage poi, abbiamo sempre cercato di anticipare i trend del mercato della comunicazione.

Abbiamo ‘portato’ i temi del Native Advertising in Italia con le rubriche sulle riviste di settore e perfino aprendo la pagina Wikipedia italiana di Native Advertising. Quasi nessuno metteva in discussione il banner come ‘formato’ principe dell’advertising digitale. Ora vedete tutti dove siamo arrivati.

Poi abbiamo creato Netnoc ormai quasi 4 anni fa, assieme a Giunti Editore, per portare in Italia un approccio al content marketing qualitativo e non quantitativo. Il mercato ha reagito bene e ora tutti fanno content.

Quest’anno è nata Nüborn, da un’intuizione del nostro partner Nativa, specializzata in comunicazione sui temi di sustainable innovation.

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Arkage è il cuore creativo di tutte queste iniziative e rinasce quest’anno come Società Benefit e B Corp certificata. Nuovi paradigmi d’impresa che pongono al centro non più il profitto, ma l’impatto che un’azienda vuole avere nel mondo. Ci sono appena 2.300 B Corp certificate in tutto al mondo, ma oltre 70.000 aziende hanno provato a diventarlo, utilizzando il BIA (Business Impact Assessment) per misurare il proprio impatto. Come prima agenzia di comunicazione in Italia certificata B Corp, ci auguriamo di poter essere da esempio per tutta l’industry.

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Qui viene il bello. In quale industry si muove la comunicazione? Esiste ancora un’industry della comunicazione?

La mia scommessa è che nell’arco di pochi anni non esisterà più l’industry della comunicazione. Almeno, non per come la conosciamo oggi: non avrà gli stessi player e nemmeno la stessa importanza.

Oggi ci troviamo ad avere di fronte, nelle consultazioni e gare dei brand più importanti del nostro Paese (e non solo), realtà che poco hanno a che fare con le agenzie in senso stretto. Si tratta di gruppi editoriali, agenzie stampa, centri media, aziende tech e molte realtà ibride che sono un po’ tutto questo insieme. 

Tutti proviamo a promettere la stessa cosa: che riusciremo, con i contenuti, ad attirare l’attenzione di un pubblico sempre più distratto ed infastidito dalla pubblicità online.

La verità è che pochi grandissimi, Facebook e Google ad esempio, riescono ad interpretare davvero cosa vuole ciascun utente. Questo lavoro richiede un’immensa mole di dati e algoritmi di machine learning efficaci.

 

E poi c’è la creatività.

Ma reinventata, basata sui dati e pensata per avere un impatto positivo sul pubblico. I contenuti di comunicazione sono in competizione per attirare l’attenzione dell’utente in modo naturale. Invece di guardare una puntata su Netflix, l’utente può decidere di immergersi in un’esperienza digitale di un brand. Oppure, piuttosto che leggere le notizie su un quotidiano, può decidere di approfondire alcuni argomenti su un branded magazine. O ancora, scorrendo il newsfeed, può fermarsi a guardare un video divertente prodotto da un brand invece dell’ennesimo video di gattini di Buzzfeed.

L’industry della comunicazione si sta trasformando, o forse sta tornando ad essere l’industry dell’attenzione.

Come B Corp e Società Benefit, la nostra mission è quella di lavorare per catturare quest’attenzione cercando di restituire valore ai nostri pubblici. Ovvero, la sfida consiste nel cercare di migliorare la qualità del tempo che le persone impiegano a guardare i video che produciamo, vivere le esperienze fisiche o virtuali che creiamo, leggere i nostri articoli o perfino ascoltare i nostri podcast.

Se l’industry della comunicazione cominciasse a capire il valore del tempo delle persone a cui fondamentalmente si limita a cercare di ‘vendere’ qualcosa, ne gioverebbe non solo l’industry stessa ma anche il mondo intero.

A quel punto, non si potrebbe più parlare di industry della comunicazione ma, se volete, industry dell’attenzione. E tutti dentro: Netflix, Amazon, Apple, Facebook, Editori, Agenzie di comunicazione. Vorrei partire da qui per immaginare l’agenzia del futuro: un’impresa che cerca di migliorare il tempo delle persone. È una grande responsabilità che può avere un impatto notevole. Il tempo, del resto, non è la risorsa più scarsa che abbiamo?

 

 

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Pasquale Borriello

4 dicembre 2017



Come siamo diventati B Corp e Società Benefit

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Pasquale Borriello

4 dicembre 2017

Possiamo ancora salvarci da un futuro alla Black Mirror?

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Pasquale Borriello

4 dicembre 2017