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Digital detox: perché ai brand post-digital dovrebbe interessare

Picture of Andrea Ciulu

di Andrea Ciulu

10 maggio 2017

post-digital trending topic

Ciao, sono Andrea e non tocco lo smartphone da 2 ore. No, davvero. A qualcuno non sembrerà un granché, ma altri mi capiranno: per chi come me è (era) abituato a controllare compulsivamente il telefono, ingurgitando quantità spaventose di informazioni, 2 ore non sono poche. Insomma, ho deciso di ridurre le occhiate al mio telefono e di guardarmi più intorno. Poi ho scoperto che questo si chiama digital detox. E ho capito che sarà fondamentale per i brand che affrontano l’era post-digital.

Cos’è il digital detox

La definizione è

“un periodo di tempo in cui ci si astiene dall’utilizzo di strumenti elettronici come smartphone o computer, visto come occasione di ridurre lo stress e focalizzarsi sulle interazioni sociali”.

Più che una dieta stagionale, andrebbe immaginato come la rottura di una dipendenza, un po’ come smettere di fumare: l’utilizzo compulsivo dei mezzi digitali, infatti, è regolato dal ciclo della dopamina, esattamente come tante altre “addictions”. E non è da escludere che tra qualche anno i nostri social stracarichi avranno lo stesso percepito di inconsapevole autolesionismo delle sigarette del cowboy Marlboro.

brand-post-digital-detox.jpg

 

A questo si aggiunge la cosiddetta “FOMO” (Fear Of Missing Out): la paura che nei 20 minuti in cui non abbiamo controllato Facebook o Instagram sia successo qualcosa di assolutamente fondamentale. A voi giudicare se abbia senso.

Non è luddismo: non devi buttare via smartphone e computer, semplicemente usarli come strumenti.

Ho bisogno di svolgere un compito e la tecnologia mi può aiutare? La uso. Mi sto annoiando e la mano corre allo smartphone? Meglio di no.

Può essere difficile all’inizio (spesso non ci rendiamo conto di quanto spesso ricorriamo al telefono tanto per) ma diventa più facile col tempo. Finché, per la prima volta, ti scordi dov’è il telefono ed è bellissimo.

I benefici - per esperienza diretta - sono piuttosto immediati: minore stress e sovraccarico mentale, maggiore capacità di concentrazione e profondità di ragionamento. Ma non è per questo che i brand se ne dovrebbero interessare.

 

è un major trend

Non è come la Dukan, intendiamoci: non è una moda passeggera, ma un trend importante che ci riguarderà sempre di più. I motivi sono piuttosto ovvi: la nostra capacità di assorbire informazioni sembra essere arrivata al limite, e al tempo stesso la frequentazione dei social inizia ad associarsi a emozioni e situazioni negative. Pensiamo al fenomeno del trolling e delle fake news, che ha reso i social un posto un po’ meno piacevole in cui perdere tempo.

Lo status di “trend” si può desumere da vari indicatori. Il primo e più divertente è probabilmente il fatto che diverse celebrity siano già adepte del digital detox: Steven Spielberg, Kanye West, Ed Sheeran, Kendall Jenner, Selena Gomez, Julia Roberts. È interessante notare come molti di loro lo motivino come esigenza creativa. Ne parlano (già dall’anno scorso, a dire il vero), testate tecnologiche come Mashable e Wired ma anche di lifestyle come Vanity Fair. Si aggiunge poi, più recentemente, il nuovo podcast “Equilibrio digitale” di Luca Conti (autore del blog Pandemia), dedicato proprio al tema del recupero del controllo sulla tecnologia.

E se servisse una rassicurazione più istituzionale, anche la stessa Mindshare ne parla come di uno dei trend per il 2017. Lo fa nel report Mindshare Trends 2017 (PDF), definendolo “Digital Dieting”. Il motivo? Le persone “vogliono riconnettersi con il mondo intorno a sé” e “cercano la privacy e l’anonimato”. Il report cita anche molti casi in cui il business si è adattato al nuovo trend, come quello di Time to Log Off, compagnia specializzata in viaggi digital detox.

 

Perché il digital detox dovrebbe interessare ai brand post-digital? 

Fino a qui, tutto questo potrebbe sembrare una scelta individuale. I riflessi sul mondo della comunicazione e del marketing, però, potrebbero essere importanti. Immaginiamo uno scenario in cui la compulsione digitale sia stata effettivamente messa nella stessa categoria del fumo, e in cui la tecnologia sia usata solo per fini ben precisi. Oltre ad essere uno scenario molto rassicurante, coincide anche con la nostra idea di un mondo post-digital, in cui i device diventano invisibili e al nostro servizio, smettendo di controllarci. 

Per i brand, significa che lo spazio dell’attenzione sui mezzi digitali si riduce: se la mia interazione con la tecnologia è sempre legata a uno scopo preciso (scattare una foto, cercare un biglietto aereo o controllare il meteo), l’interruzione da parte di un brand diventa sempre più invasiva e difficile da accettare. L’esigenza di offrire utilità diventa sempre più forte. I brand non potranno più contare sul fatto che grandi masse di persone stiano “perdendo tempo” sui social o che abbiano voglia di perderne con un giochino o un’altra interazione innecessaria. Come già notavamo parlando di Elon Musk, è arrivato il momento in cui il nostro rapporto con la tecnologia può finalmente diventare maturo.

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