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The stream of the Arkage

La rivoluzione della User Experience grazie all’analisi dei dati

Picture of Matteo Maria Ambrogi

di Matteo Maria Ambrogi

12 aprile 2018

user experience

Dobbiamo realizzarlo, ammetterlo, renderci conto: siamo arrivati ad un punto di svolta nel campo della User Experience e dello sviluppo software. E questo è merito dei nuovi sistemi di intelligenza artificiale e di analisi dei dati.

Stiamo raggiungendo il nuovo paradigma: creare app e devices intelligenti che interagiscano con l’uomo esattamente come l’uomo fa con i propri simili ovvero usando il linguaggio naturale e il riconoscimento di volti e oggetti.

In precedenza il metodo di scrittura del codice influenzava gli sviluppatori e dunque il codice che scrivevano (usando ad esempio parole o notazioni straniere). Questo aveva una ripercussione sulla user experience: c’era una distanza enorme tra il modo in cui gli utenti interagivano con il mondo e, di contro, come interagivano con il software.

USER EXPERIENCE E ANALISI DEI DATI

 

Ad oggi siamo già in un periodo di grande cambiamento, perché queste differenze, questi confini, stanno via via diventando sempre meno netti.

Un esempio? Prima la massima espressione di interazione lasciata all’utente era un bottone: cliccato = 1, non cliccato = 0.

Oggi i sistemi di face recognition ci riconoscono e riescono a intuire lo stato emotivo degli utenti: non c’è uno stato 1 o 0, ma c’è un’insieme di probabilità da 0 a 100%. E non c’è più una sola sequenza di azioni da fare, in sequenza, ma una gamma da completare in totale (dis)ordine.

La fine dello 0 e dell'1

 

Le risposte che l’utente ci restituisce in fase di interazione con i nostri software (o siti) sono array di probabili scelte o situazioni in una scala da 0 a 100%. E proprio sulla base di questi nuovi pattern cognitivi dobbiamo necessariamente rispondere con interfacce che tengano in considerazione questa realtà: se vogliamo che il nostro software sia gradito ai nostri utenti, dobbiamo progettarlo come una persona gradevole. Rispettoso, generoso, di aiuto.

Il primo elemento da tenere in considerazione dunque, è la certezza che dobbiamo perdere alcune certezze: non ci dobbiamo far disorientare dal fatto che, il sapere se un utente clicca o meno un bottone, non sia più l’elemento più importante nella progettazione di un software e che stiamo invece entrando nell’era di array di possibili scelte.

INIZIAMO A LEGGERE I (BIG) DATA

 

Dobbiamo imparare a strutturare il nostro software sulla base quantitativa ed esperienziale dei dati per generare naturalezza nell’interazione. Dobbiamo iniziare a desumere i probabili insiemi di azioni, di attività, di risposte che gli utenti potrebbero darci e progettare metodi di interazione e feedback che sappiano gestirle. Dunque si tratta di riuscire ad immaginare sistemi intelligenti e reattivi che contemplino, gestiscano e prevedano le probabili azioni dei nostri utenti.


Un esempio apparentemente banale che nasconde però un ragionamento per cui lo sviluppatore ha già accettato l’incertezza sopra la certezza:

Un client di posta elettronica che in automatico mostri una lista allegati intelligente, mostrando gli ultimi file appena creati o modificati: a livello logico infatti, se un utente ha modificato e/o creato da poco uun documento, è lecito desumere che ne avrà bisogno a breve.
Perché allora, non mostrarglielo da subito nella lista allegati, vista la probabilità che potrebbe essere così? È così che funziona ad esempio Inbox di Google.

 

allegati-inbox

 

LE COMPONENTI INTELLIGENTI DA TENERE IN CONSIDERAZIONE

 

Riconoscimento facciale: riconoscere volti, espressioni e sentimenti o, come già possiamo sperimentare in applicativi come Pinterest, il riconoscimento di oggetti.

Speech, riconoscimento vocale: ovvero la capacità di convertire il suono in testo e successivamente il testo in discorso.

Riconoscimento del linguaggio naturale: la capacità di riconoscere il linguaggio dell’utente ma anche l’intento di una specifica frase, il significante recondito. Un esempio ormai noto è quello dei Bot.

 

Insomma, il mondo evolve e lo sviluppatore del futuro deve essere pronto ad accogliere tale evoluzione. Come nel mondo del design di interfacce utente – lo UCD, User Centered Design, è il nuovo metodo di progettazione perché costruisce l’esperienza attorno all’utente – anche nel mondo dello sviluppo software la grande quantità di dati a disposizione può modificare la user experience.

Buon coding a tutti!

 

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Matteo Maria Ambrogi

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