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Values-based revolution: perché il consumatore ha sempre più potere

Picture of Benedetta Barbieri

di Benedetta Barbieri

25 gennaio 2021

 

Lo scenario in cui ci troviamo oggi è fatto fondamentalmente di scelte: in cosa credo, di chi mi fido, a chi mi affido. Fiducia e valore ne sono i grandi protagonisti, ma sono anche gli elementi trainanti di una rivoluzione che fonda le sue radici alla fine del secolo scorso e che ha progressivamente trasformato il cittadino in consumatore.

 

Come possono le aziende adattarsi in questo scenario e risultare autentiche agli occhi dei propri interlocutori? Se da un lato questa rivoluzione avviene per volere del consumatore che assume sempre più “potere”, dall’altro le aziende ne diventano le protagoniste principali, dal momento che i loro stakeholder si aspettano che siano parte integrante se non preponderante del cambiamento che vogliono vedere nel mondo.

 

Secondo le analisi a cui abbiamo accesso, negli USA, il 57% degli adulti attivi online si aspetta di poter rendere il mondo un posto migliore e il 34% di poterlo cambiare. Ma, consapevoli di non poter fare la differenza individualmente, a chi si affidano per concretizzare questo cambiamento? Ad oggi le persone ritengono che le aziende siano più affidabili come fautori del cambiamento più di quanto lo siano le istituzioni. l dati raccolti da Edelman mostrano che il 64% dei consumatori crede che dovrebbero essere i CEO a guidare il cambiamento sociale. Sempre secondo Edelman, il 64% dei consumatori a livello globale sceglie, cambia, evita, boicotta un brand sulla base dei suoi comportamenti a livello sociale.

 

Le aziende si trovano quindi investite di una fiducia probabilmente mai vista prima, ma allo stesso tempo sono più che mai nel mirino. I valori che un’azienda sceglie di abbracciare diventano i principali fattori in grado di influire sulle scelte d’acquisto. Le persone oggi sono infatti molto attente nelle loro scelte, danno valore alle loro credenze, passioni, interessi,  tenendoli bene a mente quando fanno acquisti. 

 

A differenza di quanto possano pensare molte aziende l’importanza data dai consumatori ai valori aziendali non è una tendenza passeggera destinata a svanire, si tratta un trend che è cresciuto esponenzialmente e in modo trasversale in termini di età e reddito durante l’ultimo decennio. Ad esempio, secondo le nostre fonti risulta che tra i consumatori più legati ai valori di un’azienda, il 25% appartiene alla generazione X e il 23% è costituito da baby boomer.

 

Questa attenzione non viene meno quando si cerca lavoro e si vanno a cercare informazioni sui valori aziendali prima di candidarsi. Anche i dipendenti lavorano meglio in un ambiente che condivide i principi e spesso prendono una posizione nei confronti della propria azienda quando questa delude le loro aspettative. Basti pensare che, nel 2018, oltre 20.000 dipendenti Google hanno protestato contro la propria azienda per il modo in cui aveva gestito reclami di molestie sessuali. Oppure che i dipendenti Microsoft hanno lanciato una petizione raccogliendo 300.000 firme per chiedere all’azienda di recidere il contratto con l’ICE che prevedeva l’impiego di elaborazione dei dati e capacità di intelligenza artificiale da parte dell’azienda a sostegno delle attività al confine con il Messico. We believe that Microsoft must take an ethical stand, and put children and families above profits  sono state le parole dei dipendenti Microsoft nella lettera di protesta indirizzata ai vertici dell’azienda. (New York Times)

 

Ma che cose significa essere orientati al valore?

 

Significa adottare un approccio di comunicazione values-based che coinvolge l’intero brand, creando valore per l’azienda e per il pubblico degli stakeholder. L’azienda agisce e comunica al suo target in nome di un valore condiviso, di un obiettivo, che la rende rilevante agli occhi del consumatore.

 

In Arkage parliamo spesso di come rendere le aziende customer oriented, ma cosa fare per renderle values-based? O meglio, per rimanere in tema di scelte: quali sono le alternative che si presentano alle aziende quando si parla di orientamento al valore?

 

In questo scenario in cui valori e fiducia sono i grandi protagonisti, le aziende si trovano di fronte a un bivio: ignorare l’ascesa dei valori aziendali mantenendo un approccio agnostico e ormai superato o abbracciare valori che non le rappresentano con la rischiosa conseguenza di non risultare autentici e quindi non degne di fiducia.

 

Ma la vera domanda è: si può trovare il giusto compromesso tra questi due estremi? La risposta è sì. E la troviamo nell’importanza dello sweet spot, quella sfera al livello di posizionamento in cui autorevolezza del brand e bisogni del consumatore si incontrano e si fondono alla perfezione.

Un brand infatti può avere un approccio neutrale e non comunicare nessun valore ai suoi interlocutori. Oppure può andare incontro ai propri consumatori cercando riflettere i valori del target e adottarli nelle proprie strategie. Infine, un brand può semplicemente agire in nome di valori in cui crede realmente e rendersi autentico agli occhi dei suoi interlocutori.  Ed è così che un’azienda diventa davvero rilevante e degna di fiducia, se non addirittura di fedeltà.

 

La chiave sta nel trovare la giusta misura per integrare valori morali, sociali e politici nei propri modelli di business ma soprattutto tenendo a mente che la coerenza è alla base di qualsiasi strategia di marketing e di comunicazione, la quale può avere successo soltanto quando i valori su cui si fonda vengono abbracciati in modo autentico e coerente con quella che è l’identità del brand

 

L’emergenza sanitaria ha stravolto il mondo per come eravamo abituati a vederlo, ma come ha influito sul comportamento delle aziende e il loro approccio ai valori?

Mai come in questo anno particolare le aziende sono state chiamate ad agire durante l’emergenza Covid-19 abbandonando il puro storytelling.  

In piena pandemia molte aziende hanno riconvertito la produzione per supportare la società in questo momento difficile e aiutare nel rifornimento dei nuovi beni di necessità, come ad esempio Coca Cola, Dior o Givenchy.

Dopo un primo periodo di “silenzio”, i brand hanno ricominciando a parlare. Come Ikea, che ha invitato a restare a casa e apprezzare i momenti che questa nuova normalità ci ha donato. Altri invece hanno celebrato l’Italia, la sua ripresa post Covid-19 e la riscoperta del nostro paese. Come Mercedes Benz, che conRoads Of Italy Tourha invitato gli italiani a salire a bordo di una Mercedes per riscoprire e cogliere la ricchezza dei paesaggi italiani attraverso due distinti itinerari.

Molti invece hanno scelto di ringraziare chi in questo momento difficile non si è mai fermato, come Google o Fisher Price, che ha lanciato la linea #ThankYouHeroes per onorare gli eroi di tutti i giorni e per guidare donazioni aggiuntive per supportare le figure professionali che si sono spese nella lotta quotidiana al Covid-19.  O come Colgate, che ha invitato a seguire le misure di sicurezza e ha scelto di sostenere l’OMS.

 

 

Infine c’è chi, come Original Marines, ha scelto di fare di un limite un’opportunità, non solo per fare qualcosa di nuovo ma anche di valore. Con #WeAreOriginals ha coinvolto quattro famiglie provenienti da tutto il mondo le quali, in quattro scenari diversi e lontani che hanno ritratto e raccontato storie di vita quotidiana. Il risultato? Un inno alla vita autentico e originale.

 

Questi esempi non fanno che confermare che raccontare non è sufficiente se non è coerente con le azioni messe in campo dalle aziende e con quello in cui le persone che ne fanno parte credono veramente. Per essere davvero rilevanti e degni di fiducia agli occhi del consumatore le aziende devono coltivare e far emergere la loro umanità ed agire di conseguenza. 

 

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